The Wild Wild Scotland
Una e quarantotto, scatta il minipost su Glesca. A caldo forse viene bene, al massimo lo si rifà domani bene a freddo. Ah no, domani si va a Quinji, quinji non ho possibilità di errore.
Beh cosa c'è da dire su Mucca di Vetro (in origine Glasscow) ... ce ne sono di cose da dire... Glasgow è la patria degli uomini arancioni, è la città dei vigilotti rossi (ma anche neri e gialli fosforescenti), dei cavallini e delle giovani croie. Ma anche del fish&chips di Lucca e della Domenica Italiana di Arturo. Glesca è gente che gira in maglietta anche nei giorni della merla, ed è la città che ti sorprende al calar del buio (le 3 di pomeriggio circa), quando il Clyde diventa mitico con tutti i ponti scicchetosi illuminati che gli fanno da cornice. Glesca è un mischione di culture (come tutte le città ormai, tranne quella di cui avevo visto un documentario, che tutti hanno lo stesso cognome, ma ora non mi viene nè il cognome nè la città - forsè il cognome era baù però). Glesca è anche "do you have the idfhihvoirbvw rifhirf4?" ossia iniziare una frase semplice per poi spiattellarti una word verification per farti sentire inferiore. Glesca è il kebab di pulp fiction e il "breakfast nakedfood"; Glesca è St Enoch e centesimini in ogni dove; Glesca è Dundas Lane e Dundas Street; Glesca è il culo di non trovare pioggia a fine dicembre. Ma Glesca è soprattutto il Celtic Park, col suo megaStore dove abbiamo lasciato una quota in sterline che basta per pagare Nakamura di qui al 2009.
Perchè come dice il sacchetto: